La domanda di risarcimento dei danni per l’inadempimento degli obblighi del soggetto attuatore di un accordo di programma, attenendo alla fase di esecuzione dell’accordo, appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice ammi­nistrativo

I. – La controversia riguarda l’esecuzione di un accordo di programma stipulato tra diversi enti territoriali, al quale ha aderito il soggetto privato attuatore dell’accordo. Un comune aveva impugnato in Cassazione la sentenza della corte d’appello che aveva statuito sulla clausola compromissoria contenuta nell’accordo di programma (sull’alternatività tra giurisdizione amministrativa e arbitrato, Cons. Stato, sez. III, 15 maggio 2013, n. 2641, Foro it., Rep. 2013, voce Giustizia amministrativa, n. 362). Con la sentenza in rassegna le sezioni unite si sono pronunciate sull’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di accordi fra pubbliche amministrazioni e fra queste e i privati.

L’accordo di programma è un istituto di coordinamento dell’azione amministrativa, introdotto dalla l. 8 giugno 1990 n. 142 e oggi regolato dall’art. 34 d.leg. 18 agosto 2000 n. 267. Secondo Cons. Stato, sez. IV, 2 marzo 2011, n. 1339 (id., Rep. 2011, voce Comune, n. 571; 29 luglio 2008, n. 3757, id., Rep. 2009, voce Regione, n. 364), esso «rappresenta un duttile strumento di azione amministrativa preordinata, senza rigidi caratteri di specificità, alla rapida conclusione di una molteplicità di procedimenti tutte le volte in cui il loro ordinario svolgimento richiederebbe l’espletamento di più sub-procedimenti, indispensabili per la ponderazione di interessi pubblici concorrenti». Pertanto l’accordo di programma realizza il coordinamento dell’attività amministrativa attraverso la semplificazione e l’accelerazione dei procedimenti amministrativi preordinati alla cura dei diversi interessi.

I connotati distintivi dell’istituto — che permettono di differenziarlo da altri moduli di coordinamento dell’attività amministrativa — emergono dall’art. 34, 1° comma, d.leg. 267/00, che dispone: "per la definizione e l’attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l’azione integrata e coordinata di comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici, o comunque di due o più tra i soggetti predetti, il presidente della regione o il presidente della provincia o il sindaco, in relazione alla competenza primaria o prevalente sull’opera o sugli interventi o sui programmi di intervento, promuove la conclusione di un accordo di programma, anche su richiesta di uno o più dei soggetti interessati, per assicurare il coordinamento delle azioni e per determinarne i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso adempimento».

L’accordo di programma è, dunque, un atto di programmazione di interventi futuri, realizzato non attraverso l’adozione di singoli provvedimenti autoritativi, ma mediante il raggiungimento di un accordo vincolante tra le diverse amministrazioni competenti. Il 4° comma dell’art. 34 d.leg. 267/00, infatti, richiede il «consenso unanime» per il raggiungimento dell’accordo
(sulla possibilità di recesso in materia di accordo di programma, Tar Lom­bardia, sede Brescia, sez. I, 30 aprile 2010, n. 1635, id., Rep. 2010, voce Atto amministrativo, n. 160;
sugli effetti dell’accordo di programma, Cons. Stato, sez. VI, 5 gennaio 2001, n. 25, id., Rep. 2001, voce cit., n. 153, e Urbanistica e appalti, 2001, 305, con nota di Mucio;
sulla notifica del ricorso a tutte le amministrazioni che l’abbiano sottoscritto, Cons. Stato, sez. IV, 2 dicembre 2014, n. 5957, <www.giustizia-amministrativa.it>. Per queste ragioni l’istituto è riconducibile al fenomeno dell’amministrazione per accordi, del quale costituisce la figura maggior­mente studiata, cfr. Tulumello, Accordo di programma, voce del Digesto pubbl., Torino, aggiornamento 2012, 1).

La disciplina generale degli accordi fra pubbliche amministrazioni è contenuta nell’art. 15 l. 7 agosto 1990 n. 241. Questa disposizione costituisce un esempio di «norma in bianco», poi­ché definisce il regime generale degli accordi tra amministrazioni, rimandando a discipline speciali per la regolamentazione di specifiche figure di accordi (Ferrara, Gli accordi fra le am­ministrazioni pubbliche, in Codice dell’azione amministrativa a cura di M.A. Sandulli, Milano, 2011, 677). Rispetto ad essa, infatti, l’art. 34 d.leg. 267/00 disciplina in modo dettagliato gli accordi di programma, prevedendo le modalità di formazione (convocazione della conferenza di servizi, unanimità della deci­sione), gli effetti dell’accordo, gli organi di vigilanza sulla sua esecuzione, la possibilità di devolvere ad arbitri le controversie. Un altro esempio di accordi regolati dettagliatamente dalla leg­ge è costituito dagli istituti di programmazione negoziata (l. 23 dicembre 1996 n. 662, art. 2, comma 203).

II. – Come ha sostenuto la dottrina (cfr. Ferrara, Gli accordi, cit.), tra la fattispecie dell’art. 15 l. 241/90 e queste tipologie di accordo intercorre un rapporto da genere a specie, che comporta l’applicazione della disciplina generale per gli aspetti non regolati dalla normativa di dettaglio (Cons. Stato, sez. IV, 25 giu­gno 2013, n. 3458, Foro it., Rep. 2013, voce cit., n. 247; Tar Puglia, sez. I, 4 giugno 2013, n. 899, id., Rep. 2014, voce Co­mune, n. 581; Cons. Stato, sez. IV, 24 ottobre 2012, n. 5450, id., Rep. 2013, voce Edilizia e urbanistica, n. 322; sez. V 19 ottobre 2011, n. 5627, id., Rep. 2011, voce Comune, n. 615; Cass., sez. un., ord. 14 giugno 2005, n. 12725, id., Rep. 2005, voce Atto amministrativo, n. 272). Il rinvio al 2° e 3° comma dell’art. 11 l. 241/90, operato dal 2° comma dell’art. 15, completa l’individuazione della disciplina applicabile agli accordi tra ammini­strazioni e, di conseguenza, all’accordo di programma.

Questo stesso percorso argomentativo è stato seguìto nella sentenza in rassegna. Le sezioni unite, infatti, richiamando ampiamente l’ordinanza con la quale si erano già pronunciate sul medesimo accordo di programma (Cass., sez. un., ord. 14 giun­go 2005, n. 12725, cit.), hanno confermato che l’accordo in questione rientra nella fattispecie disciplinata dall’art. 27 l. 142/90, successivamente trasfuso nell’art. 34 d.leg. 267/00. E hanno aggiunto che «il rapporto tra tale fattispecie e quella delineata dall’art. 15 l. n. 241 del 1990 si delinea come un rapporto di genere a specie».

La qualificazione effettuata dalla corte comporta l’estensione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo agli accordi di programma (Cass., sez. un., 12 marzo 2015, n. 4948, id., 2015, I, 1994, con nota di richiami; ord. 29 luglio 2013, n. 18192, id., Rep. 2013, voce Giustizia amministrativa, n. 271; 4 gennaio 1995, n. 91, id., 1995, I, 1195, con nota di richiami). In­fatti, il 5° comma dell’art. 11 l. 241/90, ora riprodotto nell’art. 133, 1° comma, lett. a), n. 2, cod. proc. amm., attribuisce alla giuris­dizione esclusiva del giudice amministrativo «le contro­versie in materia di formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi» (sull’abrogazione del 5° comma dell’art. 11 l. 241/90, Cons. Stato, sez. IV, 24 aprile 2013, n. 2316, id., Rep. 2013, vo­ce Edilizia e urbanistica, n. 145).

Come sostenuto in giurisprudenza, questa ipotesi di giurisdi­zione esclusiva non è correlata ad una determinata materia, ben­sì ad una specifica tipologia di atto, indipendentemente dalla materia che ne costituisce oggetto (Cass., sez. un., ord. 9 marzo 2012, n. 3689, id., Rep. 2012, voce Giurisdizione civile, n. 150; 3 febbraio 2011, n. 2546, id., Rep. 2011, voce Atto amministrativo, n. 245, e Urbanistica e appalti, 2011, 663, con nota di D’Angelo). In questi casi — coerentemente a Corte cost. 6 luglio 2004, n. 204 (Foro it., 2004, I, 2594, con nota di A. Travi, La giurisdizione esclusiva prevista dagli art. 33 e 34 d.leg. 31 mar­zo 1998 n. 80, dopo la sentenza della Corte costituzionale 6 lu­glio 2004, n. 204) — è possibile attribuire la giurisdizione esclusiva al giudice amministrativo in quanto la pubblica ammi­nistrazione esercita attraverso l’accordo una potestà pubblica.

III. – Nella sentenza in epigrafe, inoltre, la corte ha affermato che la giurisdizione esclusiva non può venir meno con riferimento alla clausola compromissoria e alle altre clausole nelle quali sono regolati i rapporti tra le amministrazioni firmatarie e il soggetto privato attuatore dell’accordo. Secondo la corte quest’ul­timo ha partecipato «ai soli fini di conoscenza e di formale im­pegno [...] ad adempiere gli obblighi a suo carico», non costituendo così alcun contratto «accessivo» di natura privatistica. La partecipazione del privato realizza un accordo tra pubbliche amministrazioni e privati, regolato dall’art. 11 l. 241/90. Infatti, l’art. 34 d.leg. 267/00 prevede la partecipazione all’accordo di programma dei soli soggetti pubblici; una partecipazione dei privati, invece, è rimessa al giudizio delle amministrazioni, le quali possono individuare le modalità più idonee per il loro intervento (Tar Lazio, sez. I, 20 gennaio 1995, n. 62, id., Rep. 1995, voce Comune, n. 405).

Sulla base di tale ricostruzione la corte ha affermato che anche la domanda di risarcimento dei danni, proposta dal comune ricorrente nei confronti del soggetto attuatore dell’accordo, «appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 11, 5° comma, l. n. 241 del 1990».Essa, infatti, attiene alla fase di esecuzione dell’accordo di programma, fase espressamente attribuita alla giurisdizione del giudice ammini­strativo, prima dall’art. 11, 5° comma, l. 241/90, ed ora dall’art. 133, 1° comma, lett. a), n. 2, cod. proc. amm. (Cass., sez. un., ord. 29 luglio 2013, n. 18192, cit.; 17 aprile 2009, n. 9151, id., Rep. 2009, voce Edilizia e urbanistica, n. 139).

La decisione conferma la tendenza giurisprudenziale alla «de­formalizzazione dell’istituto degli accordi amministrativi» (Bassi, Gli accordi integrativi o sostituitivi del provvedimento, in Codice dell’azione amministrativa, cit.), ossia la tendenza a qualificare gli art. 11 e 15 l. 241/90, come schemi generali all’interno dei quali inquadrare specifiche ipotesi di accordi. Sul punto la giurisprudenza non è stata sempre concorde; solo alla fine degli anni novanta ha assunto l’art. 11 come modello generale, «fino a sostenere che, in mancanza di disposizioni deroga­torie, le regole poste dall’art. 11 devono valere anche per gli altri accordi» (A. Travi, Accordi fra proprietari e comune per modifiche al piano regolatore ed oneri esorbitanti, in Foro it., 2002, V, 276). Negli ultimi anni gli articoli in esame sono stati applicati agli accordi di programma quadro, ai contratti di programma, ai patti territoriali (Cons. Stato, sez. IV, 2 dicembre 2014, n. 5957, cit.; sez. V 27 dicembre 2013, n. 6277, id., Rep. 2013, voce Atto amministrativo, n. 478), ad alcune convenzioni-concessioni (Cass., sez. un., ord. 3 giugno 2015, n. 11376, id., Le banche dati, archivio Cassazione civile; Cons. Stato, sez. V, 18 marzo 2015, n. 1400, Urbanistica e appalti, 2015, 932; Tar Lazio, sez. III, 22 luglio 2014, n. 8001, ibid., 341) e alle convenzioni urbanistiche (Tar Lombardia, 11 maggio 2015, n. 1137, ibid., 1203; Cass., sez. un., ord. 31 ottobre 2014, n. 23256, Foro it., 2015, I, 1687; Tar Umbria 17 gennaio 2014, n. 59, id., Rep. 2014, voce Comune, n. 598; Cons. Stato, sez. IV, 14 gennaio 2013, n. 159, id., Rep. 2013, voce Edilizia e urbani­stica, n. 308; 24 ottobre 2012, n. 5450, cit.; Cass., sez. un., 3 febbraio 2011, n. 2546, id., Rep. 2011, voce Atto amministrati­vo, n. 245; 1° luglio 2009, n. 15388, id., Rep. 2009, voce Edili­zia e urbanistica, n. 159; ord. 24 giugno 2009, n. 14802, id., Rep. 2010, voce cit., n. 237). Discussa è, invece, l’applicazione dell’art. 11 l. 241/90, in tema di cessione volontaria (Cons. Stato, sez. V, 20 agosto 2013, n. 4179, id., Rep. 2013, voce Espropriazione per p.i., n. 116; Cass., sez. un., 6 dicembre 2010, n. 24687, id., Rep. 2010, voce cit., n. 126). Come dimostra la giurisprudenza citata, l’effetto principale di tale qualificazione consiste proprio nella devoluzione delle controversie alla giurisdizione del giudice amministrativo.

Non si rinvengono, invece, precedenti in merito ai criteri per individuare il tribunale amministrativo competente. L’art. 13 cod. proc. amm. attribuisce la competenza inderogabile «sulle controversie riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti di pubbliche amministrazioni» al tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione territoriale esse hanno sede o, nel caso in cui gli effetti diretti dell’atto siano limitati all'ambito territoriale di una regione, al tribunale amministrativo che ha sede nella regione stessa. Le caratteristiche dell’accordo di programma (istituto di coordinamento tra diversi enti finaliz­zato alla realizzazione di interventi futuri), unite alla previsione del comma 2 bis dell’art. 15 l. 241/90 (sottoscrizione degli accordi tra amministrazioni con firma digitale, a pena di nullità), conducono a ritenere che il criterio per l’individuazione del tribunale amministrativo competente sia quello dei c.d. effetti dell’atto.

Svolgimento del processo. — Con atto notificato il 21 no­vembre 2006 la Interporto Sud Europa (Ise) s.p.a., sulla base della clausola compromissoria contenuta nell’art. 23 dell’ac­cordo di programma del 2 aprile 1996, attivava procedimento arbitrale nei confronti della regione Campania, della provin­cia di Caserta e dei comuni di Maddaloni e Marcianise, chie­dendo l’accertamento del suo diritto al prolungamento del termine finale (dieci anni) previsto nell’accordo e alla conti­nuazione delle opere intraprese, nonché del venir meno delle parti pubbliche agli impegni assunti, con conseguente diritto al risarcimento danni.

Nel costituirsi, le parti pubbliche sollevavano eccezioni in rito. Il comune di Marcianise, in particolare, eccepiva il di­fetto di potestas iudicandi degli arbitri e chiedeva in via ri­convenzionale la condanna dell’Ise al risarcimento dei danni arrecati per il mancato completamento delle opere di cui al­l’accordo di programma nei termini di legge e per la loro parziale ed insufficiente esecuzione.

Con lodo non definitivo del 9 aprile 2008 il collegio arbi­trale si dichiarava competente a pronunciare su tutti i quesiti postigli, disponendo con separata ordinanza per il prosieguo del giudizio.

Avverso detto lodo non definitivo proponeva impugnazio­ne il comune di Marcianise, sostenendo, in particolare, che, contrariamente a quanto affermato dal collegio arbitrale, non sussisteva alcun accordo «accessivo» all’accordo di pro­gramma e che la controversia non era deferibile ad arbitri, in quanto oggetto di giustizia amministrativa. L’impugnante, pertanto, concludeva per la declaratoria di nullità del lodo parziale, con condanna delle controparti al pagamento delle spese dei due giudizi.

Nel costituirsi, l’Ise instava, tra l’altro, per l’inammissibi­lità dell’impugnazione, per non avere il lodo definito nem­meno parzialmente il merito della controversia.

La regione Campania e la provincia di Caserta proponeva­no impugnazione incidentale.

Avverso lo stesso lodo parziale proponeva autonoma im­pugnazione la provincia di Caserta, per gli stessi motivi di cui all’impugnazione incidentale proposta nel primo giudi­zio. In tale giudizio la regione Campania proponeva impu­gnazione incidentale, il comune di Marcianise aderiva al­l’impugnativa e l’Ise deduceva l’inammissibilità dell’impu­gnazione.

Con lodo definitivo depositato il 21 e 22 dicembre 2009 il collegio arbitrale rigettava tutte le domande di merito propo­ste dalle parti, osservando, per quanto rileva in questa sede, che in ordine alle domande risarcitorie svolte dagli enti pub­blici difettava la prova di un inadempimento riconducibile a cause imputabili ad Ise, né era stato allegato il verificarsi di danni risarcibili e il nesso di causalità.

Avverso tale lodo definitivo proponeva impugnazione il comune di Marcianise, deducendo la nullità di entrambi i lo­di per violazione della normativa in tema di lavori pubblici, prevedente la nomina del terzo arbitro a cura della camera arbitrale e il deposito ivi del lodo; per infondate argomenta­zioni a sostegno della ritenuta carenza di interesse da parte dell’Ise a chiedere la proroga del termine decennale previsto nell’accordo di programma per il completamento degli inter­venti; per violazione del contraddittorio e anomalo svolgi­mento del giudizio arbitrale in relazione alla ispezione giudi­ziale e alla c.t.u., nonché alla concessione di ridotti termini di difesa; per contraddittorietà e illogicità della motivazione in relazione alla reiezione delle domande risarcitorie artico­late dal comune. L’impugnante instava, pertanto, per la ri­unione dei due giudizi, con l’accoglimento in fase rescin­dente dell’impugnativa del lodo parziale e di quello definiti­vo, ed in via rescissoria per la condanna dell’Ise al paga­mento delle spese di lite anche della fase arbitrale e, in via subordinata, per la nomina di un c.t.u. e l’accoglimento delle domande risarcitorie svolte.

L’Ise e la provincia di Caserta proponevano impugnazione incidentale condizionata.

Con sentenza in data 3 giugno 2013 la Corte d’appello di Napoli dichiarava la nullità del lodo parziale e di quello de­finitivo per carenza di potestas iudicandi degli arbitri e la giurisdizione del giudice amministrativo.

Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il comune di Marcianise, sulla base di due motivi.

L’Ise – Interporto Sud Europa s.p.a. ha resistito con con­troricorso, mentre gli altri intimati non hanno svolto attività difensive.

In prossimità dell’udienza le parti hanno depositato me­morie ex art. 378 c.p.c.

Motivi della decisione. — 1. – Con il primo motivo il ricor­rente deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sulle domande risarcitorie proposte dal comune di Marcianise nei confronti di Interporto Sud Europa in sede arbitrale e riproposte innanzi alla Corte d’appello di Napoli. Deduce che in motivazione la corte d’appello ha affermato che «la clausola compromissoria di cui all’art. 23 dell’accor­do di programma non può essere invocata dal privato per de­­nunciare inadempimenti delle parti pubbliche, potendo inve­ce eventualmente essere fatta valere dagli enti pubblici in relazione alla violazione agli inadempimenti del privato in fase di attuazione degli impegni da lui assunti». Rileva che, sulla base di tale premessa, il giudice dell’impugnazione avrebbe dovuto pronunciarsi nel merito sui motivi di do­glianza proposti dal comune di Marcianise avverso il lodo, nella parte in cui aveva ritenuto di rigettare le domande ri­sarcitorie da esso formulate con i quesiti 18 ss. sottoposti agli arbitri e ribaditi con l’atto di impugnazione del lodo, in quanto su tale punto della controversia esso aveva espressa­mente ritenuto che sussisteva la potestas iudicandi degli ar­bitri. La sentenza impugnata, al contrario, non solo non ha pronunciato sui motivi di nullità dedotti dall’impugnante, come avrebbe dovuto fare ai sensi dell’art. 830, 2° comma, c.p.c., ma ha addirittura dichiarato che l’accoglimento del motivo di impugnazione relativo alla inarbitrabilità della controversia riguardante posizioni di interesse legittimo as­sorbiva gli ulteriori motivi relativi al lodo parziale e quelli relativi al lodo definitivo. In tal modo, secondo il ricorrente, la corte d’appello è incorsa in un’evidente omissione di pro­nuncia, dichiarando un inesistente «assorbimento» rispetto a domande autonome e a controversie scindibili, rispetto alle quali sussisteva la potestas iudicandi degli arbitri.

Con il secondo motivo, proposto in via subordinata, il ri­corrente lamenta violazione dell’art. 100 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli art. 27 l. 8 giugno 1990 n. 142, 34 d.leg. 18 agosto 2000 n. 267, 11 e 15 l. 241/90, 34, nn. 1 e 2, d.leg. 31 marzo 1998 n. 80, sostituito dalla l. 21 luglio 2000 n. 205 e 12 d.leg. 104/10, in relazione all’art. 360, n. 1, c.p.c. e art. 830, 2° comma, c.p.c. Deduce che, ove abbia inteso di­sconoscere la propria potestas iudicandi anche con riferi­mento alle domande risarcitorie articolate dal comune e, dunque, negare la propria giurisdizione, la corte d’appello è incorsa nella violazione e falsa applicazione delle norme in epigrafe che la fondano.

2. – Il primo motivo è inammissibile per carenza di inte­resse.

La corte d’appello, disattendendo l’eccezione dell’Ise, ha ritenuto ammissibile l’impugnazione immediata proposta dal comune di Marcianise e dalla regione Campania avverso il lodo parziale, con il quale il collegio arbitrale si era dichia­rato competente in ordine a tutti i quesiti sottopostigli. La sentenza impugnata ha richiamato, al riguardo, il principio affermato dalla giurisprudenza, secondo cui il lodo parziale che provveda sulla «competenza» degli arbitri a decidere della controversia, così ritenendo la sussistenza di una valida clausola compromissoria intercorsa fra le parti, deve essere oggetto d’impugnazione immediata, avendo deciso una que­stione preliminare di merito, ai sensi dell’art. 279, 2° com­ma, n. 4, c.p.c., in riferimento all’ipotesi di cui allo stesso art. 279, 2° comma, n. 2, c.p.c. (Cass. 6 aprile 2012, n. 5634, Foro it., Rep. 2014, voce Arbitrato, n. 143).

Passando all’esame dell’impugnazione, la corte territoriale ha ritenuto fondato il motivo con il quale il comune di Mar­cianise e la regione Campania avevano dedotto la nullità del lodo parziale per difetto della potestas iudicandi degli arbitri, ex art. 829, n. 1, c.p.c. Essa ha dichiarato, conseguentemente, la nullità di entrambi i lodi, essendo la controversia devoluta al giudice amministrativo; e, per effetto di tale pronuncia, ha ritenuto assorbiti gli ulteriori motivi di impugnazione relativi al lodo parziale, nonché quelli successivamente svolti in re­lazione al lodo definitivo.

Il ricorrente deduce che la corte distrettuale, avendo dato atto, nel corpo della motivazione, che la clausola compro­missoria poteva «eventualmente essere fatta valere dagli enti pubblici in relazione alla violazione agli inadempimenti del privato in fase di attuazione degli impegni da lui assunti», avrebbe dovuto pronunciare sulla domanda di risarcimento danni da esso azionata dinanzi agli arbitri con i quesiti 18 ss., rigettata con lodo definitivo e riproposta dinanzi alla corte d’appello. Sostiene, pertanto, che tale domanda non poteva ritenersi assorbita nella pronuncia di nullità del lodo.

Deve, peraltro, osservarsi che con la seconda impugnazio­ne il comune di Marcianise aveva instato, previa riunione dei due giudizi, per l’accoglimento in fase rescindente dell’im­­pugnativa del lodo parziale e di quello definitivo, ed in fase rescissoria per la condanna dell’Interporto Sud Europa s.p.a. al pagamento delle spese di lite anche della fase arbitrale e di funzionamento del collegio; mentre solo «in via subordinata» aveva chiesto l’accoglimento delle domande risarcitorie svolte.

Ciò posto, si rileva che la regola posta dall’art. 100 c.p.c., secondo cui, per proporre una domanda in giudizio o per re­sistere ad essa, occorre avervi interesse, si applica anche al giudizio di impugnazione, nel senso che l’interesse ad impu­gnare presuppone una soccombenza, anche parziale, nel pre­cedente giudizio. Ne consegue che, in caso di proposizione di due domande distinte ed autonome, l’una in via principale e l’altra in via subordinata, la configurabilità della soccom­benza va esclusa qualora venga accolta la domanda princi­pale, mentre, nel caso di accoglimento della domanda subor­dinata, la parte ha interesse a proporre impugnazione in rela­zione al mancato accoglimento della domanda principale (cfr. Cass. 27 luglio 2005, n. 15705, id., 2006, I, 3174; 4 maggio 2012, n. 6770, id., Rep. 2012, voce Imugnazioni ci­vili, n. 26).

Nella specie, pertanto, il ricorrente è privo di interesse ad impugnare la sentenza della corte d’appello che, avendo ac­colto la domanda da esso proposta in via principale, non ha esaminato l’altra domanda proposta dalla stessa parte solo in via subordinata.

3. – Anche il secondo motivo deve essere disatteso.

Come è stato evidenziato nella sentenza impugnata, con l’accordo sottoscritto in data 2 aprile 1996 tra la regione Campania, la provincia di Caserta ed i comuni di Maddaloni e di Marcianise, tali enti pubblici hanno approvato il piano urbanistico particolareggiato del polo di Marcianise-Madda­loni dell’interporto, assumendo impegni vari e preve­dendo che l’intero intervento sarebbe stato realizzato dalla Soproser s.p.a. (poi divenuta Ise s.p.a.) in un arco temporale di dieci anni dalla data di pubblicazione del decreto di ap­provazione dell’accordo. La Soproser s.p.a. ha dichiarato di intervenire a tale accordo «allo scopo esclusivo di prendere formale conoscenza del contenuto dell’accordo di program­ma tra i suddetti enti pubblico-territoriali e di assumere espressamente l’im­pegno di adempiere a tutti gli obblighi previsti nel citato accordo» a suo carico, in tema di progetta­zioni, esecuzioni, rispetto dei termini, assunzione di oneri di pagamento delle indennità espropriative, realizzazione di in­frastrutture, assunzione di personale.

L’accordo in questione è stato qualificato dalla corte d’appello come accordo di programma ai sensi dell’art. 27 l. 142/90, che è una convenzione tra regioni, province e comu­ni ed altre amministrazioni pubbliche, mediante la quale le parti coordinano le loro attività per la realizzazione di opere, interventi o programmi di intervento che richiedono, per la loro realizzazione, l’azione integrata e coordinata di due o più tra i soggetti predetti. Il giudice di merito ha escluso l’e­sistenza di un contestuale contratto «accessivo» di natura privatistica, osservando che vi è stato esclusivamente un ac­cordo di programma contenente gli impegni assunti dagli enti pubblici tra loro e per il raggiungimento dell’interesse pubblico, e una partecipazione ai soli fini di conoscenza e di formale impegno da parte del privato ad adempiere agli ob­blighi a suo carico; impegno, quest’ultimo, che la sentenza impugnata ha ricondotto agli accordi di cui all’art. 11, 1° comma, l. 241/90; con conseguente applicabilità della giuris­­dizione del giudice amministrativo, secondo il disposto del 5° comma dello stesso articolo.

L’inquadramento giuridico dato alla fattispecie dalla corte territoriale appare conforme ai principî affermati da queste sezioni unite con ordinanza n. 12725 del 2005 (id., Rep. 2005, voce Atto amministrativo, n. 272) — resa in un giudi­zio promosso dall’Ise s.p.a. nei confronti della regione Cam­pania —, con cui è stata affermata la giurisdizione del giudi­­ce amministrativo in relazione alla domanda volta all’accer­tamento della violazione, da parte della regione, delle pattui­zioni contenute nell’accordo di programma del 2 aprile 1996, ed alla condanna dello stesso ente al risarcimento del danno per violazione degli obblighi consortili e concorrenza sleale.

In tale ordinanza, le sezioni unite, nell’attribuire al ri­chiamato accordo natura di accordo di programma di cui al­l’art. 27 l. n. 142 del 1990 (successivamente trasfuso nell’art. 34 d.leg. n. 267 del 2000), hanno osservato che «tale stru­mento si sostanzia in un provvedimento amministrativo adottato dalle amministrazioni pubbliche e dai soggetti pub­blici che vi partecipano — con esclusione quindi dei privati eventualmente coinvolti nella sua attuazione — al fine di as­sicurare l’azione integrata e coordinata di più amministra­zioni per la realizzazione di un programma comune e deter­mina nei soggetti destinatari e comunque interessati all’at­tuazione dell’accordo l’insorgere di un interesse legittimo per la tutela delle loro posizioni soggettive eventualmente le­se dal cattivo uso del potere pubblicistico nei loro confronti». Le sezioni unite hanno aggiunto che «il rapporto tra tale fat­tispecie e quella delineata dall’art. 15 l. n. 241 del 1990 si delinea come un rapporto di genere a specie, configurando quest’ultima disposizione, contenuta in un testo normativo che ha carattere di legge generale sul procedimento ammini­strativo, un modulo convenzionale di valenza generale attra­verso il quale le amministrazioni che partecipano all’accordo rendono possibile e disciplinano il coordinato esercizio di funzioni proprie, nella prospettiva di un risultato di comune interesse, individuato attraverso uno specifico procedimento amministrativo. Per effetto dell’espresso richiamo contenuto nel 2° comma dell’art. 15, all’accordo ivi disciplinato è ap­plicabile l’art. 11 stessa legge (ora modificato dall’art. 7 l. n. 15 del 2005), che al 5° comma dispone che le controversie in materia di formazione, conclusione ed esecuzione degli ac­cordi sono riservate alla giuris­dizione esclusiva del giudice amministrativo, così delineando un’ipotesi di giurisdizione esclusiva di detto giudice correlata non ad una determinata materia, ma ad una specifica tipologia di atto, qualunque sia la materia che ne costituisce oggetto. Ed invero, come queste sezioni unite hanno più volte osservato, tale disposizione, nel presupposto che attraverso l’accordo l’amministrazione eser­cita una funzione pubblica, individua il criterio di attrazione della controversia alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nel fatto che essa attenga alla formazione, conclusione ed esecuzione dell’accordo, così attribuendo alla cognizione di detto giudice una serie di rapporti individuati non già con riferimento alla materia, ma per il fatto che essi trovano la propria regolamentazione nell’ambito dell’accor­do (v., sul punto, tra le altre, sez. un. n. 732 del 2005, id., Rep. 2005, voce Edilizia e urbanistica, n. 186; n. 15608 del 2001, id., 2002, I, 1738; n. 105 del 2001, id., Rep. 2001, vo­ce Atto amministrativo, n. 151; n. 1174 del 2000, ibid., n. 150; n. 87 del 2001, ibid., n. 152; n. 8 del 1999, id., Rep. 1999, voce cit., n. 158; n. 8593 del 1998, id., Rep. 1998, vo­ce cit., n. 191; n. 7452 del 1997, ibid., voce Edilizia e urba­nistica, n. 298)». Nella stessa ordinanza è stata esclusa la possibilità di pervenire a diverse conclusioni in termini di giurisdizione avendo riguardo «a quelle clausole, contenute nella parte finale dell’accordo, nelle quali sono enunciati al­cuni impegni a carico della Socoper s.p.a., quale soggetto attuatore del programma, ed alla clausola contenuta nell’art. 23, che deferisce ad arbitri eventuali controversie con detta società»; e ciò in base al rilievo secondo cui «la riconduzione di tali ulteriori pattuizioni alla tipologia degli accordi tra amministrazione e privati previsti nel 1° comma dell’art. 11 l. n. 241 del 1990 comporta la diretta applicazione della norma attributiva della giurisdizione esclusiva al giudice amministrativo di cui all’ultimo comma dello stesso art. 11».

Alla luce di tali principî, la cui validità va ribadita in que­sta sede, non può accedersi alla tesi del ricorrente, secondo cui la domanda proposta dal comune di Marcianise nei con­fronti dell’Ise, volta ad ottenere il risarcimento dei danni conseguenti all’inadempimento degli obblighi assunti dal soggetto attuatore con l’accordo di programma in questione, apparterrebbe alla giurisdizione del giudice ordinario, ri­guardando posizioni di diritto soggettivo.

Anche tale domanda, al contrario, attenendo alla fase del­l’esecuzione di un accordo di programma tra enti pubblici volto alla realizzazione di un interesse pubblico, al quale ha aderito una società privata, appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 11, 5° comma, l. n. 241 del 1990.

In tali termini si sono già espresse (con riferimento alla di­sciplina sopravvenuta dettata dall’art. 133, 1° comma, lett. a, n. 2, d.leg. n. 104 del 2010, che attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, fra l’altro, «le contro­versie in materia di ... formazione, conclusione ed esecuzio­ne degli accordi integrativi o sostitutivi di provvedimento amministrativo») queste sezioni unite, affermando che è de­voluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la controversia avente ad oggetto il risarcimento dei danni derivanti dall’inosservanza da parte di una società privata agli obblighi di un accordo di programma stipulato tra enti pubblici, cui la prima aveva successivamente aderito, finaliz­zato alla bonifica ed al recupero di un’intera zona industria­le, trattandosi di causa inerente all’esecuzione di un accordo da qualificarsi come integrativo o sostitutivo di provvedi­menti amministrativi di tali enti, ai sensi dell’art. 133, 1° comma, lett. a), n. 2, d.leg. 2 luglio 2010 n. 104, che ricom­prende tali controversie tra quelle riservate al giudice ammi­nistrativo (Cass. 29 luglio 2013, n. 18192, id., Rep. 2013, voce Giustizia amministrativa, n. 271).

4. – Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato.

 

 

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